di Dora Vedova

Così come c’è aria di parentela tra i due premi letterari più prestigiosi di Francia, anche i due libri premiati quest’anno hanno molto in comune.
Dal lontano 1903, agli inizi di novembre, il Premio Goncourt viene assegnato a un romanzo pubblicato nell’anno in corso ed è indissolubilmente legato al “cugino” Premio Renaudot, suo supplemento naturale dal 1926, che viene proclamato subito dopo proprio per evitare doppioni e nello stesso luogo del primo: lo storico ristorante Drouant di Parigi.

Il 6 novembre il Goncourt 2017 è stato assegnato a Éric Vuillard per L’ordre du jour (uscirà in Italia nell’autunno 2018 per le Edizioni e/o), mentre il Renaudot è andato a Olivier Guez per La disparition de Josef Mengele (in Italia per Neri Pozza nella primavera 2018).

Si tratta di romanzi-saggio storici che trattano tematiche inerenti la Seconda guerra mondiale e il nazismo. Se alcuni hanno protestato per la ridondanza dei premi e soprattutto per il tema trito e ritrito, bisogna dire che i due autori hanno voluto, ciascuno dal canto suo, affrontare quei momenti storici in modo originale, non toccando la guerra in sé, ma il prima e il dopo: ne L’ordre du jour (L’ordine del giorno) Vuillard entra nel cuore dell’alta società imprenditoriale tedesca che accompagna e appoggia l’ascesa del nazismo in cambio di favolosi affari, soffermandosi in particolare sull’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania del 1938.

copertina di L’ordre du jour, di Èric Vuillard (Actes Sud, 2017)

Ne La disparition de Josef Mengele (La scomparsa di Josef Mengele), Guez esplora invece il modo in cui i nazisti hanno continuato a vivere dopo la fine della guerra, soffermandosi in particolare su chi aveva perpetrato crimini contro l’umanità – come il tristemente noto medico nazista di Auschwitz, che dà il nome al romanzo – vivendo senza il minimo pentimento per trent’anni in America Latina, senza risponderne davanti alla giustizia.

copertina di La disparition de Josef Mengele, di Olivier Guez (Grasset, 2017)

In entrambi i romanzi, fatti storici minuziosamente studiati in archivi, documenti, foto e ricerche in loco (Guez ripercorre fisicamente gli spostamenti di Mengele) riprendono vita nella scrittura romanzata, ovvero attraverso la “carne” e i sentimenti che presumibilmente animarono quegli attori condizionando la loro psicologia e moralità.
I due lavori, concentrati tra le 100 e le 200 pagine dense di avvenimenti e di emozioni, suggeriscono – in modo nemmeno troppo velato – una similitudine tra le vicende del nazismo e quelle dei giorni nostri, in cui non mancano movimenti populisti e xenofobi. Sono in qualche modo un monito a imparare dalla storia, a comprenderla per non cadere in errori-orrori già accaduti. La storia diventa attualità, proiettando e allargando nella creatività della letteratura il campo delle conoscenze.

Vuillard richiama l’attenzione sull’oligarchia economica “discreta” che oggi come allora governa il mondo con ben pochi scrupoli, mentre Guez narra come una rivincita gli ultimi vent’anni di Mengele vissuti da preda braccata tra paranoie, solitudine e declino personale: sfuggito alla giustizia ma punito dalla vita. Entrambi suggeriscono tuttavia di non abbassare la guardia: nel giro di due o tre generazioni sono tante le cose che potrebbero essere dimenticate e di conseguenza riprodotte.