di Dora Vedova

È uscito per Glénat un graphic novel piuttosto particolare perché ha per protagonista un oggetto, ovvero un edificio, che è poi un’istituzione: il Centro Pompidou, conosciuto anche come Beaubourg per il nome della via in cui si trova a Parigi. Voluto dal presidente della repubblica Georges Pompidou, fu progettato all’insegna della provocazione sul finire degli anni ’70 dai giovani Piano e Rogers. Baluardo dell’architettura contemporanea e “amatodiato” dai parigini, è ormai un’indiscussa icona della città, quasi al pari della Torre Eiffel.

Centro Georges Pompidou (foto © Álvaro Millán)

Nato come centro multiculturale, accoglie al suo interno una grande biblioteca, spazi per attività cinematografiche e musicali e il Musée National d’Art Moderne. Ed è proprio quest’ultimo lo scenario del fumetto proposto dal Centro Pompidou stesso per festeggiare i suoi 40 anni.

Per la sceneggiatura è stata interpellata Aurélie Herrou, parigina di nascita, che viene dal mondo del cinema ma è da sempre appassionata di arte contemporanea. In seguito a un episodio di sindrome di Stendhal da cui è stata colpita mentre osservava la Medusa di Caravaggio, ha pensato di riproporre quell’esperienza nel fumetto, ma spostandola nell’arte contemporanea, di cui da tempo aveva voglia di discutere, in particolare in merito alla questione se sia o meno appannaggio elitario di pochi intenditori.

Per sdrammatizzare ha utilizzato un tono spiritoso e ha scelto come personaggio un antieroe che di arte contemporanea non solo non capisse nulla, ma che la avesse anche in disprezzo. Frédéric Delachaise (Fred) è un uomo sui 35 anni, rampollo di nobile famiglia decaduta. Si trova per la prima volta in vita sua a dover lavorare e ottiene un posto di guardasala al Centro Pompidou. Fred è in un momento difficile della vita, è un po’ perso e senza risposte e versa in uno stato emotivo prostrato, ma allo stesso tempo ricettivo.

copertina di Le Syndrome de Stendhal, di Aurélie Herrou e‎ Sagar (Glénat, 2017)

Le sue conoscenze in campo artistico si fermano al classicismo e le giornate al museo lo annoiano tremendamente, al punto da lasciarsi andare a comportamenti sconcertanti, come librarsi in balletti scatenati alla Fred Astaire, sua grande passione. Tuttavia, un po’ alla volta, il Beaubourg diventa per lui un rifugio, e da luogo disprezzato e incomprensibile si trasforma in passione e poi in ossessione, quando viene colpito da violenti forme di sindrome di Stendhal. Confuso da fenomeni di sinestesia, Fred inizia a parlare coi dipinti di Lucien Freud e di Otto Dix, a discutere animatamente di arte, su cosa sia e che avvenire abbia, finendo col ritenersi egli stesso un’opera d’arte.

Questo il pretesto di Herrou, a dimostrazione che l’arte è per tutti: per chiunque si disponga a sentirla e percepirla. La particolarità del graphic novel è la sperimentazione a matrioska sul modello del suo contenuto (il Beaubourg) e di ciò che a sua volta contiene (le avanguardie del Novecento). A rendere perfettamente l’ambiente del Pompidou e delle sue sale è il disegnatore barcellonese Sagar, che non a caso proviene dalle Belle Arti, che coi suoi disegni semi-caricaturali e molto espressivi, illustra le avventure magico sensoriali che possono travolgere qualsiasi visitatore del museo di arte moderna del Centro Pompidou. Occhio agli scherzi dell’arte!