di Davide Rocco Capalbo

Ci siamo passati tutti, più o meno: visto da lontano sembra anche divertente, perché chi si tuffa sembra proprio felice, ma più ci si avvicina al trampolino, più la vertigine sale, e più l’impresa sembra suicida. Perché mai uno dovrebbe per gioco andare su una tavoletta di legno alta come gli alberi e come le case, solo per buttarsi giù in una piscina?

Facile: perché è divertente. Ma l’unico modo per scoprire quanto è divertente è farlo, e per farlo ci vuole coraggio. Ecco, questo è il dramma di Jabari, il bambino protagonista di Jabari Jumps (Candelwick Press, 2017), di Gaia Cornwall.

Jabari, in una giornata di inizio estate come queste, va in piscina con suo padre e la sorellina. Ha superato da poco l’esame del corso di nuoto e si sente pronto ad affrontare il trampolino. O almeno questo è quello che crede da lontano.

Quando i tre arrivano in piscina, Jabari, nel vedere gli altri bambini salire salire salire, saltare sulla tavoletta molleggiata due o tre volte e poi lanciarsi nel vuoto, verso l’impatto con l’acqua, inizia a titubare. Anche se non lo ammette, e anzi a parole dice di esser pronto, il suo volto e le sue azioni sono trasparenti: indugia, temporeggia, lascia passare avanti gli altri bambini in fila; dice che gli serve tempo per decidere quale spettacolare tuffo acrobatico eseguire, e quando in fila non c’è più nessuno e non è più tempo di pensare, a metà scaletta dice di essere stanco, meglio fare prima un riposino, e poi un po’ di stretching, che è importante…

Il padre di Jabari non è così ingenuo come suo figlio crede, e da bravo padre lo incoraggia. Avere paura è normale, spiega al figlio; capita a tutti, ma si può superare: basta fare un bel respiro, dire a se stessi “Sono pronto” e poi buttarsi. Quando si vince la paura, dice il padre di Jabari, è come una sorpresa: finché non ti butti dal trampolino non sai cosa ti perdi.

Alla fine Jabari salterà? Non potrebbe essere altrimenti. Arriva con le dita dei piedi sul bordo del trampolino, guarda giù la piscina e alla fine salta. L’impatto con l’acqua è proprio una sorpresa per Jabari, che non appena riemerge corre verso la scaletta, pronto per un nuovo tuffo.

Questo albo illustrato ha una trama lineare, ci sono diversi momenti che strappano un sorriso, ma ciò che è davvero speciale è la semplicità con cui Gaia Cornwall, autrice e illustratrice, comunica l’emotività di Jabari servendosi di piccole divergenze tra il testo e le immagini: a parole il bambino dice di essere pronto; i disegni, però, raccontano un’altra storia, tutta fatta di smorfie, pose, movimenti ora incerti (quando si tratta di andare incontro al trampolino), ora esuberanti (quando c’è da tergiversare).

Quando Jabari cerca di sfilarsi dal trampolino, l’effetto comico è assicurato. In altri momenti, invece, la tensione drammatica si fa palpabile, tanto che, più che imparare a superare la paura, il tema del libro sembra essere l’empatia: saper decifrare lo stato d’animo altrui e riconoscere le emozioni anche quando chi le prova le nasconde.