di Dora Vedova

Daria Bogdanska è una giramondo: classe 1988, varsaviana, fin da molto giovane lascia la Polonia e gira per l’Europa da avventuriera punk-rock. A 25 anni decide di formarsi come fumettista e sceglie la Svezia come destinazione. Si stabilisce a Malmö, nel sud del paese, città che attira numerosi immigrati e vanta una neonata Università in forte crescita.

Arrivata a Malmö, Daria trova una sistemazione che supera le sue aspettative: ha una grande stanza tutta per sé in una casa che condivide con altri studenti. Fin qui tutto bene, anzi benissimo. Subito dopo però cominciano i guai.
Per pagarsi l’affitto e gli studi Daria ha bisogno, se non proprio di un lavoro, almeno di un lavoretto. Ma pare che neanche la progressista Svezia sia all’altezza della situazione: uno straniero per poter lavorare ha bisogno di un permesso la cui clausola principale è quella di avere… un lavoro. Una diabolica impasse burocratica che ha la forma di un circolo vizioso perfetto e la cui unica via d’uscita è il lavoro in nero. Daria diventa cameriera in un ristorante indiano, gestito da un neoschiavista spregiudicato che approfitta del sistema per sfruttare i clandestini. Col suo stipendio da fame è costretta ad abbandonare la sua ampia e bella camera e ad accontentarsi di una stanzetta buia e senza finestre.

Daria però è una ragazza forte e tenace, uno spirito rock dicevamo, e non molla l’osso. Sebbene stremata dal lavoro faticoso e sottopagato, usa tutte le energie che le restano per studiare e approfittare della vita artistica che offre la città: partecipa come spettatrice e come musicista a concerti punk e a serate negli squat della comunità underground.

Nel 2016 racconta la sua vita di giovane studentessa immigrata in Svezia in un romanzo grafico che evidentemente, per la sua buona accoglienza, premia i suoi sforzi e dimostra che con la matita ci sa fare. Insomma, una storia a lieto fine. Con Wage slaves, uscito per le edizioni svedesi Galago, Daria Bogdanska riesce bene nella sua prima pubblicazione, tradotta recentemente in francese e selezionata al Festival Internazionale del Fumetto di Angoulême.

La critica apprezza la rotondità del tratto, l’uso del bianco e nero che dà sobrietà e neutralità al racconto, ma anche una bella profondità. La rotondità infantile è spezzata da ruvide angolature punk, creando così un buon ritmo che accompagna il lettore in un racconto forse fin troppo denso. Daria vuole raccontare proprio tutto del suo quotidiano, le disavventure e la lotta sindacale in cui si impegna coraggiosamente, le pene d’amore, la solitudine e l’abbandono, ma anche gli incontri buoni, le persone che la aiutano, e che riabilitano un po’ la multiforme categoria umana.
Dinamica e impegnata, Daria Bogdanska consegna alle stampe una prima opera ben costruita e ben disegnata. Tra cronaca sociale, politica e autobiografica, ritrae una generazione di cittadini del mondo alle prese con le sue sfide.