di Dora Vedova

In Francia, il mondo letterario e non solo è in tumulto per la ripubblicazione da parte di Gallimard dei pamphlet di Céline.
Louis-Ferdinand Céline (1894-1961) è tra i maggiori autori francesi del Novecento: assurto alla celebrità con Viaggio al termine della notte (1932), è stato un grande innovatore della lingua, fautore di uno stile letterario che ha fatto scuola e ha marcato la modernità. La sua scrittura ellittica, sospesa e iperbolica tipica del parlato, provoca emozione e coinvolgimento immediati.

Céline, però, è noto anche per essere stato un collaborazionista durante l’occupazione tedesca e per aver esposto in modo virulento, chiaro e veemente le sue idee generalmente razziste e particolarmente antisemite nei tre pamphlet Bagatelle per un massacro (1937), La scuola dei cadaveri (1938) e La bella rogna (1941). In Germania e nella Francia divisa di allora, i testi circolarono con successo nella zona occupata di Pétain, ma anche in quella libera di Vichy. Alla fine della guerra, lo stesso Céline – scampato alla morte, di ritorno dall’esilio e dopo un anno di prigione – non volle mai più ripubblicarli.

Perché dunque farlo ora? In Canada, paese in cui i libri diventano di pubblico dominio dopo 50 anni dalla morte dell’autore (e non 70, come in Europa), i pamphlet sono già stati pubblicati nel 2012 dalle edizioni Huit. L’editore si è cautelato incaricando il professor Régis Tettamanzi, stimato studioso di Céline, di dotare l’opera di un corposo apparato critico letterario, confezionando così “un’edizione critica e scientifica”.

Considerato che quest’edizione non ha creato quel gran polverone che si poteva temere, e che comunque i testi hanno sempre continuato a circolare nel mercato nero e in Internet, la vedova 105enne di Céline si è decisa a dare il permesso alla riedizione anche in Francia. Ma la Francia non è la lontana provincia del Québec, e il polverone si è sollevato, eccome. Si è scomodato perfino il governo a chiedere garanzie a Gallimard. Non si tratta infatti solo di letteratura: la questione sconfina nella memoria storica e nell’etica.

Céline, dichiarando «non sono un uomo di idee, sono un uomo di stile», si mette al riparo da ogni critica che esuli dall’arte della scrittura, separandola dalla storia e dal contesto sociale.

Secondo Tiphaine Samoyault, critica letteraria, è proprio questo il punto: nessuna scrittura è neutra, non è possibile separare il vero dal bello e non si può scindere la letteratura dalle sue responsabilità. Pensare che il lavoro sulle parole sia separabile dalla riflessione sul reale nega alla letteratura l’impatto sensibile e politico sul mondo, degradandola. Stando a queste considerazioni, alla riedizione dei pamphlet mancherebbe quindi un apparato critico storico, leggerezza che molti non hanno perdonato a Gallimard.

Altri, come Yann Moix, pensano invece che l’opera di Céline vada pubblicata per intero, proprio perché non ci sono due Céline, ma uno solo, che incarna «la complessità di uno scrittore che mostra come il genio non sia meccanicamente il contrario del peggio».

Dopo un mese di polemiche infuocate, l’editore fa marcia indietro dichiarando che mancano le condizioni metodologiche e la serenità necessarie per portare avanti il progetto, a cui rinuncia in nome della sua libertà di editore e del rispetto alla sensibilità della sua epoca.

Le acque si quietano, ma a meno che Gallimard non torni a cambiare idea, la tempesta si risolleverà inevitabilmente allo scoccare del 2031.

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