di Dora Vedova

Primo romanzo di David Lopez, Fief parla della vita monotona e poco edificante di un gruppetto di ragazzi in una non meglio precisata cittadina di provincia a cavallo tra due mondi, a metà strada tra le ville dei quartieri alti e i palazzoni popolari della periferia, che velocemente sconfina nella campagna.

In un limbo perenne, sconcertante e senza prospettiva si muovono come nel loro feudo (fief) una decina di sfaccendati, amici da sempre e probabilmente per sempre. Tutti hanno un soprannome più o meno significativo. La peculiarità del libro è infatti l’uso della lingua e delle parole nei loro aspetti più diversi, dalla semantica all’impiego dei vari registri, dalla poetica ai riferimenti metalinguistici, letterari e musicali.

Sul piano formale si tratta di un romanzo radicale, dove sulla scena di un mondo in stato di abbandono l’autore cala una lingua composita che si intreccia virtuosamente con i dialoghi e la voce narrante. Un romanzo iperrealista, dove il linguaggio è fortemente connotato: è quello dei giovani alla deriva, che proviene dal basso di una vita quotidiana mediocre e sprecata, pieno di espressioni più che colloquiali, molte delle quali mutuate dal gergo musicale di estrazione rap e infarcite di verlan (caratteristico slang francese codificato che procede per inversione delle sillabe all’interno della parola).

Tra gli amici che si incontrano ogni giorno per ammazzare il tempo giocando a carte e fumando a tutto spiano, si instaurano discorsi che trascendono nel filosofico. Si parla di un po’ di tutto: di boxe, di sesso, di rime musicali, e si può passare senza incongruenze a discutere di Candide o di Céline, sempre in un gergo ben poco accademico, ma calzante, toccante e pure divertente.

Nessun espediente sembra poter dare una svolta a quei disoccupati incalliti che sbarcano il lunario solo grazie a piccole frodi e allo spaccio minuto: né a chi si consacra alla boxe anima e corpo senza riuscire a emergere, né a chi si rifugia nel triste e meccanico sesso, né a chi prende la via degli studi diventando suo malgrado un “traditore”.

Sebbene la storia si chiuda nel segno dell’immobilità, quei ragazzi avrebbero energia da vendere, ma qualcosa la trattiene intrappolata nel feudo. Il senso di desolazione e di spreco che ne deriva è raccontato con un tocco poetico che l’autore sa impiegare in un modo tutto suo, giocando con un linguaggio sempre preciso, in un flusso che segue il ritmo sincopato del rap di periferia.

David Lopez, 33 anni, ragazzo di provincia, si forma in sociologia prima di passare alla creazione letteraria seguendo un Master all’Università di Paris VIII, durante il quale inizia la stesura di Fief, romanzo che esce per Seuil nel 2017. Il libro partecipa alle selezioni dei Premi Médicis e Renaudot e sbaraglia infine al Premio del Libro Inter, istituito da una delle maggiori radio pubbliche francesi, France Inter. Un’ottima entrata in scena nel teatro della letteratura.