di Davide Rocco Capalbo

C’era una volta a New York un giornale rivolto agli immigrati ebrei provenienti dall’Europa, tutto scritto in yiddish. Stiamo parlando della prima metà del secolo scorso. Il nome di questo giornale era The Jewish Daily Forward, ma era conosciuto anche come The Forverts. Oggi invece si chiama solo The Forward, e non è più quotidiano, ma mensile.

A partire dal 1906 sul Forward comparve una rubrica in cui Abraham Cahan, uno dei giornalisti di punta del quotidiano, rispondeva alle lettere che i lettori gli spedivano. Il nome della rubrica era A Bintel Brief, “Una raccolta di lettere”.

Nel 2014 Liana Finck, una delle più apprezzate illustratrici del New Yorker, ha recuperato alcune di quelle lettere nel suo primo libro, un libro a fumetti, che si chiama come la rubrica di Abraham Cahan: A Bintel Brief.

A Bintel Brief era una posta del cuore, a cui si rivolgevano per lo più cuori solitari, anime in pena, persone dalla vita noiosa, a cui si aggiunge che erano anche persone molto povere, emigrate dall’Europa in cerca di fortuna. Letta con gli occhi di oggi, A Bintel Brief è un ritratto degli ebrei newyorkesi prima che Woody Allen li portasse dallo psicanalista.

Liana Finck ha letto la rubrica di Cahan su alcune annate del Forward conservate in microfilm nella New York Public Library, che il giornalista dell’attuale Forward Jordan Kutzik le ha tradotto in inglese dallo yiddish. Tra tutte le lettere di A Bintel Brief, Finck per il suo libro ne ha scelte undici, pubblicate tra il 1906 e il 1907.

Il libro è dedicato a Helen Finck, nonna di Liana, e si apre con Liana Finck che riapre un vecchio taccuino appartenuto a sua nonna, in cui raccoglieva ritagli del Forward. Dal taccuino esce, come un fantasma, Abraham Cahan, rappresentato con la testa a forma di cuore, che dopo le dovute presentazioni legge le lettere.

Le lettere iniziano tutte con espressioni come “Esteemed Mister Editor”, “Honorable Mr. Editor”, “Worthy Editor” o un più semplice “Dear Mister Editor”, e sono disegnate in nero. Tra le storie, una madre che ha perso il prezioso orologio di suo figlio, o il barbiere che, da quando una volta ha sognato di decapitare George Washington col rasoio, non riesce più a fare la barba ai clienti senza fare strani pensieri. Ma ci sono anche storie da posta del cuore vere e proprie, come quella del panettiere che, tradito, abbandonato e umiliato dalla moglie, continua a sperare invano che lei torni.

Per ogni lettera Liana Finck cambia stile di disegno: dietro ogni storia c’era una persona diversa di cui, dalle poche righe che scrivevano nel loro inglese stentato, si poteva intuire una vita; perciò anche nel disegno ogni storia ha la propria voce.

Alle lettere, poi, segue la risposta di Abraham Cahan, sempre molto puntuale, e infine un piccolo stacco, disegnato in blu, in cui Liana e il fantasma dell’editor conversano, in giro per la New York dei nostri giorni.

Il libro è un piccolo omaggio alla città di New York e alla sua comunità ebraica, e leggendolo è difficile non chiedersi che lettere ci sarebbero oggi su A Bintel Brief.