di Dora Vedova

Trentacinque anni, parigina, parlantina sciolta, capelli rossi (tinti), esuberante, disordinata, decisa: Pénélope Bagieu è una fumettista sulla cresta dell’onda.

Dagli esordi che l’hanno resa celebre, giovanissima, con il suo blog autobiografico-spiritoso (e decisamente girly1) La mia vita è assolutamente affascinante, una decina d’anni più tardi approda a un’opera più impegnata, dal tratto più maturo e soggetti più seri.

Pénélope Bagieu © Flickr photo: Simoné Olitax

Trattasi di Culottées. Des femmes qui ne font que ce qu’elles veulent (letteralmente: Sfrontate: donne che non fanno che ciò che vogliono. Non ancora arrivato in Italia), uscito per Gallimard in due volumi in rapida successione: settembre 2016gennaio 2017.

Con un tono pimpante, fresco e scanzonato, Bagieu delinea le vite di 30 donne provenienti da condizioni sociali, epoche e luoghi disparati, animate dal vento contestatario e audace che ne è il filo rosso. In ogni ritratto Bagieu soffia un po’ di sé ad alimentare la brezza.

L’idea nasce da un problema, piuttosto celebre: la Storia è scritta da e per gli uomini. Il racconto di donne straordinarie nella loro ferma inclinazione a determinarsi è reso sistematicamente invisibile. Allergica alla remissività, questo monopolio la infastidisce al punto di non pensare ad altro finché il vulcano non esplode.
«La rabbia è un ottimo carburante per la scrittura», dice Bagieu, «che a sua volta è una forma di terapia, un calmante. Riesco sempre meno a scollarmi da ciò che mi irrita e il senso di impotenza mi spinge ad esprimermi»2. Ne viene fuori un’enciclopedia illustrata, militante e femminista, che passa in rassegna vulcanologhe (appunto), rockstar, scienziate, rivoluzionarie, mecenati, brigantesse e così via, la cui fama ha avuto ben poca eco.

Dalle autobiografie iniziali in veste girly alle biografie esplicitamente femministe, Bagieu riconosce certo un’evoluzione nel suo lavoro, ma si trova coerente nel discorso che segue dall’inizio. La voglia di raccontare storie è sempre la stessa. Tant’è che rileggere i suoi vecchi libri la diverte, scoppia a ridere riscoprendo certe sue trovate: «Sono sicuramente io il mio pubblico migliore!», dice divertita.

Ma ora basta biografie, le va di lavorare di fantasia e per il futuro ha già qualcosa in mente. Ripensando a quand’era bambina non le riesce di ricordare un’eroina in cui si fosse identificata. Per forza, le figure più emozionanti da emulare sono (quasi) sempre maschili. Il vulcano Pénélope ha già cominciato a riscaldarsi, agitato da bimbette toste e peperine che premono per essere “messe a fumetto”.

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Con girly (lett. femminile) si intende la letteratura anni 2000 su e per giovani donne. Nonostante si collochi essa stessa all’interno di una certa interpretazione del femminismo, è stata avversata da parte di altre correnti femministe che la tacciano di vacua leggerezza nel parlare di protagoniste “più svampite che spensierate”, se non di “incantevoli idiote”.

Per le fonti dei virgolettati riportati in questo articolo si veda qui e qui.