di Dora Vedova
Quest’anno in Francia sono usciti contemporaneamente due libri in occasione della festa della donna e del cinquantenario del ’68: entrambi tirano le somme di quella che è stata la rivoluzione del ‘68 facendo particolare riferimento alle donne.
Nonostante le indubbie vittorie, l’emancipazione e una serie di sacrosanti diritti ottenuti, il bilancio non è del tutto positivo. Nel tumulto e nella foga di quegli anni, è probabile che alcune libertà siano state scambiate per altro, che si è sedimentato nel tempo fino ai giorni nostri. A ormai mezzo secolo da quella rivoluzione, come tutte le rivoluzioni piena di speranza ed entusiasmo, l’odierno impegno femminista protesta paradossalmente contro alcuni dei “traguardi” di allora.
Filles de Mai. 68 mon Mai à moi. Mémoires de femmes. (Figlie di Maggio. 68 il mio Maggio. Memorie di donne) è un abecedario con una settantina di termini, da “Adolescenza” a “Verità”, redatto da un collettivo che raccoglie in questa forma inconsueta le testimonianze di alcune donne che hanno vissuto il ‘68. Raccontano, senza pretese e senza voler rinnegare o disprezzare nulla, il prima, il durante e soprattutto il dopo ‘68. Lo scopo è un racconto personale e sincero, a volte perfino crudo, di quell’esperienza iniziata 50 anni fa e ancora in evoluzione.
Se in Filles de Mai si parla in generale dell’esperienza sessantottina femminile, in L’Autre Héritage de 68. La face cachée de la révolution sexuelle (L’altra eredità del ‘68. La faccia nascosta della rivoluzione sessuale) di Malka Marcovich, l’oggetto di discussione è più specificamente la cosiddetta liberazione sessuale.
Malka Marcovich, storica, femminista e consulente internazionale in diritti umani e diritti delle donne, parla di “falsa libertà”. Nel ‘68 le donne – dalle studentesse in piazza alle casalinghe – si aspettavano un cambiamento eclatante, e forse le loro speranze andavano oltre l’emancipazione e i diritti di “liberté-égalité”. Si anelava a un cambiamento più vasto, a un vero nuovo sentimento sociale. Che ne è stato? Marcovich parla degli effetti perversi della liberazione sessuale, dove la sovversione consiste a un certo punto nel legittimare le violenze. È proprio in quel periodo che la sessualità diventa un prodotto di mercato, la nudità femminile un articolo di vendita (tendenza avversata dalle femministe di oggi). Negli anni ‘80 il fenomeno si estende fino alla diffusione della pornografia per tutti, facendo entrare una cruda sessualità tra le mura domestiche, quasi in famiglia.
Sebbene in entrambi i libri non ci siano né amarezza né oblio delle conquiste e venga senz’altro riconosciuto al ‘68 la liberazione della sessualità da tabù e arcaismi, il lettore non può che constatare lo strappo tra l’utopia di quella dolce e luminosa primavera e la realtà di oggi. Tanto da avere la sensazione di essere state un po’ gabbate: la famosa liberazione sessuale non sarà stata un ulteriore vantaggio per l’universo maschile a discapito di quello femminile?
Dai recenti scandali sessisti si direbbe che i tempi siano ancora piuttosto invernali, e che la primavera si faccia attendere.